sabato 3 aprile 2010


“ Li cosi duci di li batii”
Vere e proprie opere d'arte in pasta di mandorla



 








































Un recente viaggio in Sicilia mi ha offerto il privilegio di conoscere la signora Maria Grammatico, una vera e propria icona nel mondo dei dolci siciliani, e ascoltarne a viva voce ricordi dal fascino straordinario.
Lei, donna di una forza di volontà eccezionale, e la sua rinomata dolceria sono la testimonianza di una vicenda umana dura e sofferta splendidamente raccontata dalla scrittrice newyorkese Mary Taylor Simeti nel libro "Mandorle Amare".

Cresciuta fino all'età di 22 anni nell'orfanatrofio del Convento di San Carlo, Maria è l'espressione vivente di quella tradizione secolare della pasticceria siciliana che attinge all'eredità dolciaria medievale innestata (dopo lo sbarco degli Arabi nel 827) con tecniche e ingredienti nuovi (datteri, melagrane, arance amare, pasta di mandorle) che hanno trovato nei monasteri siciliani, stretti fra il rispetto della regola e la necessità di far quadrare i conti, l'origine di un commercio goloso.

Maria Grammatico prepara gli stessi dolci che confezionavano le Suore nel Convento di San Carlo (oramai chiuso) e in questi giorni della Pasqua ai suoi piccoli capolavori di pasta di mandorle, affianca l’agnello che a Erice (TP) è appiattito come un pane ed è ripieno di conserva di cedro.
A differenza degli agnelli pasquali in vendita altrove in Sicilia, fatti nelle solite forme di agnello coricato, quelli di Maria sono completamente sdraiati "con gli occhi aperti e la lingua appena uscita dalla bocca" e sebbene i riccioli del vello siano fatti con la «tasca da pasticciere» e non scolpiti singolarmente a mano come una volta, non sembrano ciò che sono, l'agnello morto, sacrificato.

Un dolce augurio di Buona Pasqua a tutti!

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